Il Primavera Sound è alle porte: il 30 maggio aprirà i cancelli uno dei festival musicali più importanti del mondo per 3 giorni di concerti (quasi) senza pausa.
226 live set spalmati su una decina di palchi in un mix di generi mai così eterogeneo: dal pop di alta classifica al metal, passando dal punk, dall’hip hop, dall’indie rock, fino al raggeaton, l’R&B e la trap.
Tra i tanti percorsi musicali possibili all’interno del festival, TINALS ha scelto quello più emozionale!
di Andrea Provinciali
Mancano pochi giorni dalla partenza per Barcellona. Sale la febbre da festival e quindi è impossibile non entrare nello specifico, provando a immaginare quelle che molto probabilmente saranno le tappe immancabili all’interno del Parc del Forum.
Impossibile non partire dai Jawbreaker: band immensa che ha segnato adolescenza, tardo adolescenza e tardissima adolescenza di molti di noi. Trio punk newyorkese che dal 1990 al 1996 ha tracciato “inconsapevolmente” le basi dell’emocore: velocità ritmica, chitarre distorte, basso pulsante, voce sguaiata, noise, ma anche rallentamenti strumentali, arpeggi, malinconia ora in filigrana ora debordante e liriche di forte impatto letterario e poetico che all’epoca valsero al cantante-chitarrista Blake Schwarzenbach la definizione di “Morrissey punk”.
Ovviamente, un culto per pochi ai tempi: i Jawbreaker si muovevano in una nicchia punk hardcore ristretta, che solo verso la metà dei Novanta fu circondata da sempre più pubblico e – soprattutto – attenzionata dalle major discografiche in cerca dei “nuovi Nirvana”. Nel 1995 i Jawbreaker furono messi sotto contratto dalla Geffen (DGC Records) con la quale pubblicarono il loro quarto album Dear You: nemmeno il tempo di aprire qualche data per i Foo Fighters che il gruppo implose per divergenze interne, messi sotto pressione anche dal disappunto crescente dei fan della prima ora.
Paradossale se si pensa che a distanza di ventitré anni proprio Dear You è considerato un album “emo” imprescindibile da tutti: critica, pubblico, colleghi e addetti ai lavori. Ma già sul finire dei Novanta tutti gli album dei Jawbreaker, soprattutto negli USA (qua in Italia in quegli anni erano ancora roba per pochi intimi), erano già diventati pietre miliari di certo romanticismo punk.
Basti pensare che proprio i Get Up Kids in I’ll Catch You – traccia contenuta nell’album che più di tutti ha toccato i picchi di popolarità massima, Something To Write Home About (Vagrant, 1999), unendo emocore e pop a livelli qualitativi eccelsi – citano il titolo di un brano dei Jawbreaker: Jinx Removing, canzone d’amore & superstizione contenuta in 24 Hour Revenge Therapy. Due brani struggenti, uno dentro l’altro in un gioco di rimandi che finisce per omaggiare i Jawbreaker come band di culto.
Così cantano i Get Up Kids nella loro pianistica e profonda I’ll Catch You:
“Still breaking old habits, habits
You pulled the wool over me
I can see everything, everything
Remembering Jinx RemovingDon’t worry, I’ll catch you
Don’t worry, I’ll catch you
Don’t ever worryNo need for reminding
You’re still all that matters to me”
E come dargli torto! Jinx Removing si delinea su versi che raccontano di stanchezza, nostalgia d’amore, di giorni andati e di primi baci:
“Too old not to get excited
About rain and roads, egyptian ruins,
Our first kiss”
per poi esplodere in un ritornello che non lascia scampo:
“I love you more than I ever loved
Anyone before, or anyone to come
Someone said your name
I thought of you alone
I was just the same twenty blocks away”
Arrivando a tempi recentissimi, Julien Baker – altra protagonista da non mancare assolutamente in questo percorso tutto cuore del Primavera Sound – è solita coverizzare in versione pianistica quella che forse – per il sottoscritto sicuramente – è la canzone più bella dei Jawbreaker: Accident Prone, contenuta proprio nel tanto contestato Dear You.
A conferma di come il culto che circonda Schwarzenbach e co. abbia toccato picchi altissimi in questi ultimi anni arriva dall’esistenza di una band che si chiama: Jawbreaker Reunion. Gruppo tutto al femminile che c’entra poco o niente con l’emocore – si muovono su binari indie, twee, pop e garage – ma che nella scelta del nome ha cavalcato l’onda dell’hype che ha travolto il trio newyorkesi in tempi di reunion di ogni tipo.
E così, gli devono essere fischiate le orecchie non poco a Black Schwarzenbach, Chris Bauermeister (basso) e Adam Pfahler (batteria) che nel 2017 hanno deciso veramente di riformarsi esibendosi in una manciata di date in terra madre. E quest’anno attraversano l’Atlantico e approdano nel Vecchio Continente per un tour di quattro date (suonano al Magnolia di Milano il 29 maggio) che terminerà proprio su uno dei palchi principali del Primavera Sound sabato 31 maggio alle 21,10. Davanti a loro sotto una collinetta verde avranno una distesa di fan adoranti che pogheranno, piangeranno e canteranno a squarciagola. Sopra di loro l’imbrunire del cielo catalano e sulla destra, poco più in là, le onde del mediterraneo. Una cornice perfetta per un primo bacio.
(This Is Not) Accident Prone – Jawbreaker
graphic cassette by Manuele Altieri
Ok, i Jawbreaker rappresentano il picco più alto di questa corsa emozionale all’interno del Primavera Sound, ma di concerti in cui lasciarsi scartavetrare il cuore c’è l’imbarazzo della scelta… A cominciare proprio dalla schiera declinata al femminile di band e progetti solisti che quest’anno, finalmente, hanno letteralmente invaso il festival spagnolo: la già citata Julien Baker, poi Soccer Mommy, Tomberlin, Courtney Barnett, Aldous Harding, Julia Holter e soprattutto da non perdersi assolutamente Big Thief, Snail Mail e Lucy Dacus – la cantautrice “emo” per definizione.
E poi sicuramente loro, che non hanno nemmeno bisogno di presentazioni: Built To Spill. Se non ci fossero stati i Jawbreaker, sarebbero saliti sicuramente sul podio più alto di questo tour de force della nostalgia. La band dell’Idaho si esibirà suonando tutto, dall’inizio alla fine, Keep It Like A Secret, il loro quarto album uscito nel 1999. Solo all’idea di sentire dal vivo pezzi come Carry The Zero o Temporarily Blind si ferma il sangue nelle vene.
Ma la lista di band da vedere assolutamente è ancora lunga e di tutto prestigio. Come fare a perdersi i Guided By Voices? O gli Interpol? Ma anche Stephen Malkmus & The Jicks: nonostante l’ultimo album non sia così entusiasmante, Malkmus rappresenterà sempre il pavimento sul quale noi tutti abbiamo trovato conforto miliardi di volte, sdraiandosi, dormendo soli o in compagnia, singhiozzando e cantando, ubriachi e pieni di tristezza. Impossibile non guardare i Low, i June Of 44, gli Stereolab (proprio loro: gli Stereolab), Shellac, James Blake e Apparat– perché no -, Kurt Vile, Swerdriver, Fucked Up e soprattutto Mac DeMarco.
Un tour de force, per l’appunto. Stancante ma pieno zeppo di emozioni e nostalgia. E, sicuramente, tra le 200.000 e passa persone che attraverseranno i cancelli del festival ci sarà qualcuno che si bacerà per la prima volta.
Primavera Sound 2019: il nostro primo bacio.
PS2019: Il nostro primo bacio – playlist